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ROMA – E’ il 1946 e Lucio Fontana a Buenos Aires collabora alla stesura di Manifesto Blanco, il documento scritto insieme ad artisti e studenti, che segna il via del Movimento Spaziale, una nuova visione artistica ispirata all’arte in toto, che nega l’immagine naturalistica utilizzando la luce, il suono, il vuoto, lo spazio.

Un’arte che muta profondamente nella sua essenza, un’arte in accordo con le esigenze dello spirito nuovo. Di lì a poco a più di dieci anni inizierà la “fase dei Tagli” (1958-1968), il momento più alto della sua produzione.

È proprio a questo cambiamento che si ispira Lucio Fontana Studio, performance della compagnia di arti performative NoGravity, in programma all’Auditorium del Museo dell’Ara Pacis di Roma il 19 novembre per il cartellone di Musei in musica. Uno studio-omaggio al padre dello Spazialismo, che ha debuttato già l’anno scorso a Milano, ma che ora la compagnia, cross over tra sculpture dance, physical theatre e nouvelle magique, riaggiorna in una nuova versione coinvolgendo anche la soprano e musicista Silvia Colombini. Sul palco, i coreografi e danzatori Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu nei due movimenti che compongono lo Studio: Opera Grammaticale n. 1, Grammatica del corpo, in cui Pellisari riapre letteralmente i tagli chiusi sulle tele distese; e l’Opera grammaticale n. 2, grammatica dello spazio, in cui l’artista tenta di cancellarsi per lasciare spazio all’incanto visionario della sua opera, incarnata dalla ballerina vestita in bianco. Al termine della performance, la coppia siede a bordo palco e apre il dibattito finale con il pubblico.

 


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